A chi per mestiere si trova a consultare e analizzare Business Plan scritti in diversi paesi può venire spontaneo chiedersi se nelle metodologie utilizzate nel mondo vi siano differenze che riflettono il diverso contesto in cui il Business Plan è stato scritto.
In fondo, si può obiettare, la metodologia da applicare è unica, non fa differenza analizzare un progetto a Bologna, Amburgo o New York.
Eppure, le differenze ci sono, non è così semplice dire quali, ma proviamo ad abbozzarle, brevemente e certo superficialmente.
I Business Plan scritti dai “maestri” (è qui che questo tipo di disciplina è nata) americani e inglesi abbondano di parti che servono a misurare il rendimento finanziario del progetto. L’ottica è quella dell’investitore che sceglie tra vari possibili progetti e che opta per uno piuttosto che per l’altro in base al rendimento atteso dell’investimento.
Di qui calcoli ad esempio sul cosiddetto “Pay back period”: in quanti anni il denaro investito “tornerà indietro”? In Italia, ad esempio, questo aspetto esiste ma è meno rilevante. Chi avvia una impresa è spesso una persona (o più persone) che fanno un investimento finanziario, ma anche e soprattutto un investimento lavorativo, creativo e di vita, per cui l’indicatore puramente finanziario è troppo limitativo.
Se si consultano i business plan e i manuali tecnici scritti in lingua tedesca diventano importanti le “check listen”, cioè le liste di controllo con elenchi di cose da fare o da verificare per eseguire una determinata attività. E’ come se prima di salire in bicicletta ci venisse chiesto: hai controllato di avere l’abbigliamento adatto? Hai gonfiato la bici? I freni sono a posto? Il fanale funziona?
Queste lunghe liste di controllo possono essere viste in due modi opposti. Da un lato, si possono vedere come espressione di quella che potremmo definire la “pedanteria tedesca”, intesa come perfezionismo, rigidità, intolleranza al cambiamento, amore per le regole e le procedure, viste come garanzia di ordine.
Al contrario, la metodologia tedesca può essere vista come rifiuto della improvvisazione (tanto cara a noi italiani, che i tedeschi vedono come affetti da “Regellosigkeit”, mancanza di regole ), serietà dell’impegno, cura estrema del dettaglio, presupposto per la qualità del prodotto.
Lavorare con le Checklisten significa lavorare “Schnell und sicher”, veloci e sicuri, come recita un libro tedesco (Thomas Fr. Jehle, Csaba Láng, Wolfgang Meier-Rudolph, Check Book für GmbH-Geschäftsführer, Springer, 2009).
Veniamo ai Business Plan italiani, in cui anche noi siamo quotidianamente coinvolti. Non vi è dubbio che i nostri elaborati siano sovraccarichi (rispetto agli omologhi stranieri) di parti che trattano di autorizzazioni e adempimenti amministrativi (in perenne evoluzione, con leggi e leggine che cambiano continuamente le regole), e di altre che riguardano la incidenza del carico fiscale e di quello contributivo (idem).
Si tratta di aspetti che evidentemente esistono anche altrove, ma che da noi assumono una importanza maggiore, facendo diventare una fondamentale abilità imprenditoriale quella di scegliere le soluzioni più snelle, ad esempio optando per una forma giuridica piuttosto che per un’altra.
Il tema di una organizzazione snella, flessibile, pronta ad adattarsi ai cambiamenti del contesto assume in Italia una importanza ancora maggiore che in altri paesi. Anche il Business Plan deve inevitabilmente tenerne conto.